di MARIO MORETTI, con VALENTINA CHICO e FRANCESCO SICILIANO, regia Claudio Boccaccini
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La storia d'amore tra Naomi, ebrea, e Abdel, palestinese, oggi, a Tel Aviv, ha più chiavi di lettura. Quella che sembra la più imperiosa, data la stretta , tragica attualità del momento, non è la più evidente. Emergono altri temi, altrettanto urgenti: la difficoltà di una vita in bilico, di un domani imperscrutabile, di un muro sempre più minaccioso che ci associa al pensiero di altri muri, ma anche, e soprattutto, l'impossibilità di amarsi limpidamente, come è nel diritto di ogni essere umano. Due ragazzi liberi da idee preconcette, alieni da qualsiasi fondamentalismo religioso e da ogni distruttivo nazionalismo, lontani dai calcoli bizantini della politica dei vari paesi "tutti" che sono, in un modo o nell'altro, implicati nella questione arabo-palestinese: due ragazzi che, malgrado le differenze di religione, di classe, di storia, sono e si sentono ancora fratelli e figli della stessa terra, sono costretti alla fine a cadere nel baratro che separa due famiglie nemiche.
E' la rinnovata tragedia, se si vuole, di Giulietta e Romeo, è la vicenda della cecità umana che si fa stupidità storica e che si infrappone come un muro fra i sentimenti puri e maturi di due giovani vite. Ecco: il teatro non racconta solo favole, vuole anche essere carne, viscere, sangue della nostra faticosa, assurda, impietosa esistenza. E, soprattutto, vuole portare un granello di sabbia, una pietra, un mattone, alla costruzione dell'edificio della pace. Un discorso utopistico? Senza dubbio. Ma le utopie dei deboli sono le paure dei forti. Perchè l'utopia è l'anticipazione di una ricerca che deve solo superare le strettoie del presente. MARIO MORETTI
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